lunedì 13 dicembre 2010

Complesso e nucleo di significato: la doppia natura dell'archetipo. Osservazioni sulla Psicologia Analitica di C. G. Jung.

Diego Pignatelli Spinazzola


Costituenti della natura psichica,gli archetipi sono le determinanti inconscie di ogni complesso.
Jung stesso definiva complesso un unità autonoma,un nucleo di significato,nodo centrale e complessuale ove però la coscienza staccata da questi,viene per così dire "inghiottita"dal complesso presentando una dissociabilità manifestata in casi di psicosi.
E' il complesso che in questa sede governa la coscienza e la egemonizza al suo controllo come unità scissa e dissociata.
La psicosi è il prezzo da pagare. Allorchè emozionalmente vissuta la costellazione complessuale si libera dal sintomo,l'individuo ritorna a ristabilire la connessione con il suo nucleo centrale di significato.
L'autonomia e l'egemonia del complesso,il "diavoletto",per dirla con Jung,fa spazio ad una più sottintesa individuazione di significato.Il nodo complessuale si scioglie così nel "nucleo di significato"come rivela la Jacobi.
L'io non più inghiottito dal complesso e vampirizzato da questi,rientra in una funzione cosciente a pieno merito.Finchè il complesso rendeva inconscia la sua funzione assoggettandolo al suo dominio parassitario ed alla sua sfera di controllo,l'io risultava dissociato e scisso in virtù dello stesso complesso che riempiva del tutto la sfera cosciente costringendo l'io ad una subordinazione inconscia.
In casi di personalità multipla la doppia unità è scissa in cui l'io cosciente si divide in molteplici io che governano la vita inconscia del soggetto come nei casi di doppie personalità (Janet,1888) dei medium e nelle trance (C. G. Jung., Psicologia dei fenomeni occulti ., C. G. Jung 1902 ).
Quando in virtù di un ampliamento di senso e di orizzonti,il sintomo libera il complesso del suo contenuto portandolo alla coscienza,il nucleo di significato prende nuovo ordine alla vita.L'archetipo dell'individuazione si rivela in sè e gli dèi che prima bussavano violentemente alla porta ora sono i nostri alleati.Cosa è successo?
Il nodo complessuale disciogliendosi nel sintomo,è presto divenuto un nucleo più ampio di significato e di prospettiva multidirezionale.
Il nucleo di significato in altre parole,è l'archetipo sano e risanante che si costella al di fuori di un ego individuale e di un inconscio personale.
Tutto sembra riempirsi.Anche la psiche quale ineffabile mistero,diventa pressapoco familiare con nuovi elementi che costellano il suo orizzonte cosciente.Gli archetipi imprimono nuova direzione ad un io che non solo rivendica la sua autonomia,ma lo fa,consegnandosi ad una più grande unità di significato:il Sè.
Questa nuova spinta per l'individuazione spinge al di fuori dell'alienazione e converte l'io alla visione unitaria e pluralistica del Sè. Gli archetipi quali determinanti psichiche ora partecipano co-creativamente alla vita psichica dell'individuo e la costellano di un nuovo ordine.
Spetterà all'individuo seguire la personale trama archetipica ed arricchirla ulteriormente all'orizzonte cosciente di progetti,aspirazioni e nuove modalità di vita.
L'archetipo,nel complesso,può attrarre la coscienza tanto nella sua forza d'attrazione positiva che negativa.In tutti e due gli esiti è l'archetipo che svolge una funzione bipolare traducendosi in complesso e costringendo il sintomo ad un occlusione,ad una possessione di natura archetipica.
Un ultimo sforzo,sarebbe quello di lasciar parlare l'archetipo e fare in modo che questi non si traduca per noi in complesso malato scindendo l'io e schiacciandolo tra due volontà o impossessandosi del suo spazio psichico in modo da staccarlo quasi del tutto dalla coscienza.
In forme di psicosi,si attua uno splitting patologico in cui il complesso esercita il pieno controllo,provocando stati di abbassmeint du niveau e quasi del tutto abbassando la soglia della coscienza.
Se e quando l'archetipo ritorna però a pieno titolo ad assolvere la sua funzione di integratore della psiche,il complesso in larga misura,perde il controllo sulla coscienza e si depolarizza,per così dire si relativizza. Avviene una dinamica che imprime nuovo senso ed ordine alla psiche e la multidireziona verso nuove finalità. L'ego anche si è convertito in un più ampio Sè che come un nuovo sole irradia l'anima e la riversa in un più significativo telos.



Jacobi J. Complesso,Archetipo,Simbolo nella Psicologia di C. G. Jung., Bollati Boringhieri Torino 2004., sec Edizione.


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Jung, C. G. (1952). Answer to Job. 1958 Princeton, N.J.: Princeton University Press (contained in Collected Works Vol. 11)
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mercoledì 1 dicembre 2010

La Situazione Archetipica dell'Umanità

Diego Pignatelli Spinazzola


E' facile constatare di come l'umanità viva una situazione archetipica degenerata in epidemie psichiche,ciò che noi comunemente chiamiamo schizofrenia collettiva.Non potremmo mai trovare casi isolati di questo fenomeno regressivo,se non comprendiamo che tale fenomeno appartiene all'attuale umanità.
Con la presunzione di voler liquidare la sua situazione archetipica,l'uomo ha commesso un grave errore.Il dominio di un autocontrollo sull'archetipo ha invece predisposto l'archetipo ad assoggettare l'individuo.Queste epidemie sociali e collettive chiaramente lo dimostrano.
La psiche è di natura costitutiva dell'archetipo dell'inconscio collettivo ed in essa si costella il simbolismo psichico come potente catalizzatore archetipico.La dissociazione prodotta dall'uomo sulle dominanti dell'inconscio collettivo ha provocato un indescrivibile scissione dall'archetipo costituente,simbolo di una situazione originaria della psiche,partecipativa e co-creativa da cui l'essere umano ha preso vertiginosamente le distanze.Il risultato è il disastro tecnologico,ambientale,ecologico e socio-politico riflesso di vere e proprie ipertrofie di questo fenomeno antropocentrico ed individualistico sociale collettivo.
L'imbarbarimento sociale si estende a quello ossessivo maniacale,patologico ed intrapsichico conflittuale dell'uomo che non trova rimedi e panacee possibili alla sua eccentrica atomizzazione individuale di natura omologante.
Ci apriremo forse a nuovi fenomeni di una società delirante?
Servirebbe forse un ultima regressione positiva per l'uomo per tornare alla sua situazione originaria ed ad una nuova identità che prenda in mano le radici dell' l'universo?Servirà forse un nuovo contatto con l'Invisibile e con i suoi Spiriti?Servira forse per l'umanità ritornare al suo primordiale simbolismo di natura archetipica e scartare la componente referenziale e materialistica che tende ad assoggettare il dominio delle idee e dei simboli ed a confonderlo con un concreto individualismo di massa?
L'uomo non potrà mai liberarsi dalla sua situazione archetipica a prezzo di procurarsi una nevrosi,come direbbe Jung.
E' il prezzo che l'umanita sta affrontando:quello di sganciarsi dalle determinanti archetipiche e farsi indipendente da esse.Ne conviene però che uomo ed archetipo sono inseparabili più che mai e che dovunque ci sia l'individuo è prefigurata per così dire la sua situazione archetipica pregna di costellazioni simboliche fin dall'inizio.
Ma la presunzione individualistica è stata quella di smantellare i simboli e di sradicarsi da essi,con una conseguenza a dir poco epidemica e sociale.I simboli non partono più dal centro,dalla totalità del Sè,ma dipartono dalla periferia,dall'ego e diventano psicopatologie.
Siamo così confluiti dalla visione unitaria del centro,del Sè,situazione originaria della psiche,alla periferia dell'ego,con tutte le sue diramazioni e sottodiramazioni patologiche inquadrate in odierne schizofrenie e disturbi della personalità.
L'uomo non ha più il visto per avere accesso al suo inconscio ed è per lo più troppo debole per esplorarlo ed autoesplorarsi dall'interno.Ecco che così la scienza e la neuroscienza ufficiali lanciano nuovi paradigmi sul cervello con strumenti per esplorarlo a dir poco "materialisticamente"riduzionistici che parlano di logiche computazionali e connessioniste che in nessun modo possono permettersi di avere accesso alla regione inconscia,giacchè essi non osano tentare la grande esplorazione,la grande avventura interiore,così com'è stata per Jung e William James,veri e propri pionieri dell'inconscio.
No,lo scienziato odierno è più un pallido vivisezionatore,disincantato,scettico materialista che non osa guardare al di là della "soglia" non solo per mancanza di strumenti e assenza di indole eroica ma perchè egli ha scisso l'oggetto dal soggetto scartando come unica e probabile variabile di ricerca l'oggetto e lo sperimentante dell'esplorazione,cioè se stesso.
Il panorama attuale neuroscientifico offre ben poche ipotesi per una possibile riscoperta della psiche ed al suo ineffabile mistero.Si interessa per lo più di ipersemplificare quei processi dinamici ed intrapsichici che sarebbero più pertinenti alla psicologia dinamica e junghiana con teoretiche ipotesi sperimentalistiche,che come direbbe Freud,non fanno altro che deviare strumentalmente la ricerca sbarrando preventivamente la strada alla via regia per l'inconscio.
Strumentalizzare riduzionisticamente la psiche,è un errore che le neuroscienze e le scienze cognitive stanno commettendo nell' ignorare le determinanti psichiche funzionali alla natura della psiche umana,cioè la dimensione archetipica e l'inconscio.
Non spetterà che alle nuove generazioni scientifiche far quadrare il cerchio.
Gli junghiani sanno che questo compito spettò al Maestro,è e che esso potrebbe rivelarsi comunque un arduo e gravoso compito al cospetto di un umanità sempre più insensibile e staccata dal fine,dal significato e dal messaggio archetipico che i grandi ci hanno da sempre consegnato.







L'Anima Mundi e la snaturalizzazione dell'occidente nella prospettiva junghiana.

Diego Pignatelli

Quello che all'uomo comune appare un tessuto di relazioni, sociale, interpersonale e collettivo, nell'attuale e delicata fase storica e politica e quindi sotto un profilo ottimistico che accomuna l'uguaglianza e la norma, lo psicoterapeuta di scuola junghiana lo vede come un percorso evolutivo ma non pieno di insidie.
Proprio perché invertendo il paradosso umano, lo psicoterapeuta ne intravede il tranello e si avvicina al significato nascosto in esso ed al senso da interpretare, potremmo ben dire con Jung che l'umanità vive uno stato di incoscienza infantile ed immatura perché incosciente di pericoli che possono profilarsi all'orizzonte.
Non si tratta di essere pessimisti od ottimisti ma invertendo i contrari abbiamo differenti equazioni che gli junghiani asseriscono quali leggi governate da dinamiche psichiche che sono oggettive ed universali quanto il miscredente scetticismo nei riguardi di ciò che ne compete alla professione di analista junghiano.
L'attuale crisi di significato porta gli junghiani a intravedere il senso distorto e fuorviante che affiora nel nostro contesto sociale collettivo. La stagnazione creativa dell'occidente è conseguenza della dissociazione culturale e simbolica con cui l'uomo occidentale è dovuto venire a termini. Conseguenza anche della distorsione di un percorso cominciato con l'anima del mondo, la visione degli antichi, e finito in una radicale frammentazione e disgregazione ed occultamento nell'epoca attuale e postmoderna. Frammentazione facilitata dalla rivoluzione scientifica, dal progresso e dalla massificazione, causa di pseudo-ideologie e da una prospettiva potenzialmente pericolosa rappresentata dal prevalere di un nuovo pericolo: l'uomo di massa.
Allora l'utopia di massa prevale su quella del singolo a forza di omologazione culturale. Junghianamente parlando la dissociazione collettiva con le sue isterie autonome, prevale sulla visione unificante ed individuante della psiche creativa del singolo.
Ecco perché Jung avvertiva l'indigenza del suo tempo, che non era capace di affrontare consapevolmente i pericoli che asserragliavano l'anima dell'occidente.
Cosa che Jung faceva attraverso la mediazione dello spirito del profondo (C. G. Jung, The Red Book, edited by Sonu Shamdasani, Norton publication 2009) empi e folli nonché sani di mente ma radicati contestualmente in quest'epoca di "fare sociale" politicizzato non convergeranno con la prospettiva junghiana del ritorno all'anima indivisa, poiché ciò che ha senso per gli ultimi non ha nessun senso per i primi. E' la solita disputa tra riduzionisti e i platonisti, scettici e animisti, storia e mito.
Il maggior fraintendimento quando si incontra la figura di Jung, è che egli riconduceva tutte le leggi psichiche a dei principia universalis anche quando affermava contraddicendosi di essere il più scientifico ed empirico possibile (Sonu Shamdasani 2009).
Oggi sono molte le miscredenze nei riguardi dell'anima e molti ancora inquadrano la spiritualità come un’inutile menzogna che l'uomo da sempre ha bisogno di raccontarsi.
Vengono così rifiutate le meta-narrazioni che inneggiano all'anima mundi antica che l'uomo ha drasticamente abbandonato perché scisso il bene dal male, la coscienza dall'inconscio, i capricci ed i dilemmi nonché i paradossi che all'umanità si presentano si sono rapidamente amplificati.
Si è ridotta invece la coscienza e con essa la sensibilità noetica e spirituale al subentrare di una desacralizzazione e negazione del mito e dell'immagine e con essa degli invisibili accadimenti dello spirito che governava la dimensione umana degli antichi.
I dilemmi che rendono ancor più difficile la comprensione della spiritualità umana sono comuni tra i materialisti che appartengano al campo della scienza o no.
Invertendo però le false coordinate gli junghiani possono offrire delle sicure linee guida alla disastrata condizione di negazione animistica dell'umanità.
Se l'umanità e con esso l'occidente presenta molte contraddizioni ed antinomie in questione di sicuro la chiave junghiana di lettura possiede la sicura panacea.
Se l'uomo occidentale inconsapevolmente vede il bene lì dove non c'è e da valore solo a quello che vede e che sente, uno psicoterapeuta junghiano si accorgerà del sottile tranello che sta regnando come utopia nell'uomo occidentale; quel pragmatismo ottimistico nel fare sociale e nella competizione, nel fare affidamento alla sola e per lui unica realtà convenzionale, non può servire a granché se non si prende in considerazione il profondo deficit spirituale che ha comportato una totale scissione di significati per l'intero occidente.
Escludendo l'uno, l'uomo si è trovato nel due, ma per una risoluzione dei contrari che lo assillano egli deve per forza ritornare a quell'Uno dalla cui matrice si è irrevocabilmente allontanato. Quell'uno è l'anima mundi, la radice unitaria quale fondamento e premessa per una riconnessione psichica dell'uomo occidentale. Di questa riconnessione c'è l'urgenza poiché il disastro psichico dell'umanità è quello di aver alienato una realtà da un altra, di aver espulso il mito dalla storia e con esso i suoi dei e demoni, i suoi fantastici racconti primordiali che non trovano più spazio nell'anima dell'occidente dominato da un fervido ed ottuso materialismo.
E se l'occidente non ritrova i suoi dei, essi si manifestano in sintomi e psichismi collettivi che soggiogano l'individuo e la massa, l'uomo e la società. Ecco perché gli junghiani sanno vedere oltre il tranello dell'emancipazione soggettiva ed oltre l'indipendenza dai quei valori simbolici che costituivano un inestimabile patrimonio della psiche.
Allora non c'è che dire, vai così occidente. Continua così... per il tuo percorso artificiale, snaturato e contorto ricco di insidie e povero d'anima.
Di quell'anima che echeggiava nella visione degli antichi e che in Jung vedeva un possibile ritorno all'anima mundi, alla totalità psichica, equilibrio di forze e punto di connessione con l'inconscio collettivo. E se l'individuo per lo più collettivo stenta a riconoscere questa dialettica tra psiche ed anima, storia e mito e che egli reputa un dialogo incomprensibile non c'è altro che constatare la sua disfatta spirituale e psicologica. L'universale disfatta dell'occidente identificatosi nei pochi frammenti della sua realtà psichica.

Riferimenti:
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C.G. Jung, The Red Book, edited by Sonu Shamdasani, Norton publication, 2009
I Nuovi risvolti psicodinamici ed olotropici della Moderna Ricerca sulla Coscienza

Una sintesi moderna verso le nuove frontiere della Scienza



-Diego Pignatelli



Secondo la moderna ricerca sulla coscienza illustrata brillantemente da Stanislav Grof (Grof,1985,1988,1998,2000),le dinamiche perinatali sono importanti serbatoi della vita uterina e non solo,sono psicodinamiche in cui si dispiega e si prospetta la vita futura.Possiamo quindi parlare di serbatoi energetici psicodinamici.* (SEP, Diego Pignatelli 2010).



Estendendo la teoria Grofiana denominerei le dinamiche PR (perinatal reservoir) o EPR (energetic psychodynamic reservoir)*.



I nuovi risvolti della moderna ricerca sulla coscienza (Grof, 1985,1988,1998,2000)danno risalto alle matrici perinatali (BPM)come schemi esperienziali nel canale del parto nella vita uterina e importanti strumenti teoretici per la regressione auto-esperienziale sistematica nell'inconscio durante la fase post-biografica del soggetto immerso nell'esperienza gestaltica di regressione (Grof, 1985,1988).



Il trauma della nascita e quello psicosomatico vengono risolti effettuando la regressione olotropica (dal Greco: holos e trepein -tendere verso la totalità)nella modalità di facilitazione iperventilata di respirazione.In alternativa gli strumenti di auto-esplorazione nel contesto del setting sintematico possono essere autoindotti con somministrazione psichedelica di psicotropi catalizzatori trasformativi dell'esperienza di gestalt sistematica olotropica (Grof,1980, LSD Psychotherapy ,Pomona CA 1980).



La regressione può altresì prodursi spontaneamente attraverso programmi psicospirituali (BPM) che attraverso la logica esperienziale (Grof 2000)della variazione psicodinamica e mitologica nonchè archetipica degli schemi esperienziali perinatali (Basic Perinatal Matrices)liberano emotivamente l'energia e la scaricano propulsivamente favorendo lo sblocco emotivo delle dinamiche psico-somatiche,psicotiche e nevrotiche attivando la risoluzione della gestalt transpersonale ed olotropica.



La liberazione psico-somatica è attivata da una forte attivazione del sintomo che in altri ambiti di intervento viene ridotto od eliminato con sforzi drastici della modalità di approccio convenzionale sintomatica che non offrirebbe nessuna risoluzione effettiva al processo di emersione gestaltica di natura psicospirituale,ma al contrario ridurrebbe l'attivazione dell'inconscio e degli investimenti psicodinamici di natura psicospirituale introdotti dalla terapia olotropica quali visioni esperienziali di interconnessione transpersonale nel contesto organicistico e sistemico dell'esperienza (Grof,1988,Bateson 1984).



Il tutto e le parti interagiscono invece che essere separate attraverso lo schema di riferimento meccanicistico-cartesiano che riduce l'universo ad una macchina organizzata meccanicamente piuttosto che intravedere il paradigma quantistico in cui un medesimo individuo è connesso non localmente con altri soggetti a distanza,che costituiscono oggetti di esperienza immersi nel vasto oceano di energia quantica.



Il teorico e scienziato dei sistemi Ervin Laszlo ha ipotizzato un campo Akashico di natura quantica (Psi Field)dove eventi soggettivi sono interconnessi transpersonalmente in un universo che informa ogni altra cosa che nel campo dell'esperienza connettiva si imprime della memoria akashica a qualunque livello di esperienza.(Laszlo, E. (1995). The interconnected universe: Conceptual foundations of transdisciplinary unified theory. London: World Scientific.(2004). Science and the Akashic field: An integral theory of everything. Rochester, VT: Inner Traditions).



Grof,ripropone il campo psi nella memoria delle esperienze filogenetiche,cosmogenetiche,karmiche,archetipiche e razziali del soggetto sotto auto-esplorazione esperienziale sistematica a livello olotropico.Ne risulta che la gestalt del processo psicospirituale si estende oltre i confini spazio-temporali fisicamente esperibili dalla coscienza solo attraverso canali extrasensoriali non mediati dai sensi (extrasensory perception ESP).



Sono possibili esperienze di unità cosmica,dualità unitiva esperienziale con altri soggetti dell'esperienze,con altre razze,pianeti,organismi micro-cellulari,galassie e esperienze cosmogenetiche e filogenetiche ancestali dell'intera razza (Jung, 1959,Grof 1988).



Risvolti parapsicologici sono possibili attraverso lo schema di riferimento olotropico quali esperienze psichedeliche,visionarie convenzionalmente definite "alluccinatorie"dalla psichiatria e rivalutate nel framework transpersonale quali aperture spirituali,risvegli spontanei,crisi sciamaniche,esperienze di interconnessione con la materia inanimata ed processi organici,espansione della coscienza planetaria,esperienze extraterrestri,identificazione con l'intero universo fisico,fenomeni psichici di trascendenza delle barriere spaziali tra cui esperienze embrionali,fetali,ancestrali,razziali,reincarnazioni precedenti,esperienze di natura filogenetica,dell'evoluzione planetaria ed estensione esperienziale oltre la realtà consensuale spazio temporale.Sono possibili in questa dimensione incontri con spiriti guida,spiriti animali,esperienze di incontri mitologici,incontri con esseri divini,esperienze di archetipi universali,esperienze demiurgiche e rivelazioni dell'intera creazione,esperienze prometeiche e di ispirazione,esperienze di coscienza cosmica,sopracosmica e di vuoto metacosmico.



Nel framework transpersonale di natura olotropica sono possibili esperienze di natura psicoide e sincronistica nel rapporto tra coscienza e materia,episodi psicoidi spontanei,fenomeni spiritistici e poltergeist,oggetti non identificati UFO,psicocinesi intenzionale tra cui cerimonie magiche,guarigione,siddhi e guarigione a distanza.



Offrendo questo rivoluzionario paradigma,Stanislav Grof propone una ricerca che segue i risvolti della Filosofia Perenne anche con l'apporto alla fisica quantistica ed alle rivoluzionarie teorie ed ipotesi ad hoc della nuova frontiera scientifica d'avanguardia con riferimento ai moderni studi sulla coscienza per non citare l'ipotesi olografica del fisico David Bohm,del rapporto di integrazione tra scienza e spiritualità attraverso nuove implicazioni cosmologiche da parte del fisico indiano Amit Goswami,del modello rivoluzionario sul cervello attraverso il paradigma olografico ipotizzato dal neuroscienziato della Georgetown University,Karl Pribram (K. Pribram 1960,1971),delle strutture dissipative di Ila Prigogine e dello straordinario contributo sistemico di Gregory Bateson nonche dell'apporto di Joseph Campbell al processo gestaltico sciamanico secondo la mitologia comparata (Campbell.,1984,1990,1991,1994).



La sintesi di queste nuove teorie è inclusa nel modello olotropico che risulta nel complesso uno straordinario strumento di esplorazione cartografica della psiche a conferma della sua dimensione spirituale e transpersonale che purtroppo fa fatica ad essere accettata quale nuovo modello nel paradigma scientifico in atto.







* SEP;PR; EPR (miei termini personali e definizioni della psicodinamica energetica perinatale olotropica)









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martedì 30 novembre 2010

La Situazione Archetipica dell'Umanità

Diego Pignatelli Spinazzola


E' facile constatare di come l'umanità viva una situazione archetipica degenerata in epidemie psichiche,ciò che noi comunemente chiamiamo schizofrenia collettiva.Non potremmo mai trovare casi isolati di questo fenomeno regressivo,se non comprendiamo che tale fenomeno appartiene all'attuale umanità.
Con la presunzione di voler liquidare la sua situazione archetipica,l'uomo ha commesso un grave errore.Il dominio di un autocontrollo sull'archetipo ha invece predisposto l'archetipo ad assoggettare l'individuo.Queste epidemie sociali e collettive chiaramente lo dimostrano.
La psiche è di natura costitutiva dell'archetipo dell'inconscio collettivo ed in essa si costella il simbolismo psichico come potente catalizzatore archetipico.La dissociazione prodotta dall'uomo sulle dominanti dell'inconscio collettivo ha provocato un indescrivibile scissione dall'archetipo costituente,simbolo di una situazione originaria della psiche,partecipativa e co-creativa da cui l'essere umano ha preso vertiginosamente le distanze.Il risultato è il disastro tecnologico,ambientale,ecologico e socio-politico riflesso di vere e proprie ipertrofie di questo fenomeno antropocentrico ed individualistico sociale collettivo.
L'imbarbarimento sociale si estende a quello ossessivo maniacale,patologico ed intrapsichico conflittuale dell'uomo che non trova rimedi e panacee possibili alla sua eccentrica atomizzazione individuale di natura omologante.
Ci apriremo forse a nuovi fenomeni di una società delirante?
Servirebbe forse un ultima regressione positiva per l'uomo per tornare alla sua situazione originaria ed ad una nuova identità che prenda in mano le radici dell' l'universo?Servirà forse un nuovo contatto con l'Invisibile e con i suoi Spiriti?Servira forse per l'umanità ritornare al suo primordiale simbolismo di natura archetipica e scartare la componente referenziale e materialistica che tende ad assoggettare il dominio delle idee e dei simboli ed a confonderlo con un concreto individualismo di massa?
L'uomo non potrà mai liberarsi dalla sua situazione archetipica a prezzo di procurarsi una nevrosi,come direbbe Jung.
E' il prezzo che l'umanita sta affrontando:quello di sganciarsi dalle determinanti archetipiche e farsi indipendente da esse.Ne conviene però che uomo ed archetipo sono inseparabili più che mai e che dovunque ci sia l'individuo è prefigurata per così dire la sua situazione archetipica pregna di costellazioni simboliche fin dall'inizio.
Ma la presunzione individualistica è stata quella di smantellare i simboli e di sradicarsi da essi,con una conseguenza a dir poco epidemica e sociale.I simboli non partono più dal centro,dalla totalità del Sè,ma dipartono dalla periferia,dall'ego e diventano psicopatologie.
Siamo così confluiti dalla visione unitaria del centro,del Sè,situazione originaria della psiche,alla periferia dell'ego,con tutte le sue diramazioni e sottodiramazioni patologiche inquadrate in odierne schizofrenie e disturbi della personalità.
L'uomo non ha più il visto per avere accesso al suo inconscio ed è per lo più troppo debole per esplorarlo ed autoesplorarsi dall'interno.Ecco che così la scienza e la neuroscienza ufficiali lanciano nuovi paradigmi sul cervello con strumenti per esplorarlo a dir poco "materialisticamente"riduzionistici che parlano di logiche computazionali e connessioniste che in nessun modo possono permettersi di avere accesso alla regione inconscia,giacchè essi non osano tentare la grande esplorazione,la grande avventura interiore,così com'è stata per Jung e William James,veri e propri pionieri dell'inconscio.
No,lo scienziato odierno è più un pallido vivisezionatore,disincantato,scettico materialista che non osa guardare al di là della "soglia" non solo per mancanza di strumenti e assenza di indole eroica ma perchè egli ha scisso l'oggetto dal soggetto scartando come unica e probabile variabile di ricerca l'oggetto e lo sperimentante dell'esplorazione,cioè se stesso.
Il panorama attuale neuroscientifico offre ben poche ipotesi per una possibile riscoperta della psiche ed al suo ineffabile mistero.Si interessa per lo più di ipersemplificare quei processi dinamici ed intrapsichici che sarebbero più pertinenti alla psicologia dinamica e junghiana con teoretiche ipotesi sperimentalistiche,che come direbbe Freud,non fanno altro che deviare strumentalmente la ricerca sbarrando preventivamente la strada alla via regia per l'inconscio.
Strumentalizzare riduzionisticamente la psiche,è un errore che le neuroscienze e le scienze cognitive stanno commettendo nell' ignorare le determinanti psichiche funzionali alla natura della psiche umana,cioè la dimensione archetipica e l'inconscio.
Non spetterà che alle nuove generazioni scientifiche far quadrare il cerchio.
Gli junghiani sanno che questo compito spettò al Maestro,è e che esso potrebbe rivelarsi comunque un arduo e gravoso compito al cospetto di un umanità sempre più insensibile e staccata dal fine,dal significato e dal messaggio archetipico che i grandi ci hanno da sempre consegnato.







L'Anima Mundi e la snaturalizzazione dell'occidente nella prospettiva junghiana.

Diego Pignatelli

Quello che all'uomo comune appare un tessuto di relazioni, sociale, interpersonale e collettivo, nell'attuale e delicata fase storica e politica e quindi sotto un profilo ottimistico che accomuna l'uguaglianza e la norma, lo psicoterapeuta di scuola junghiana lo vede come un percorso evolutivo ma non pieno di insidie.
Proprio perché invertendo il paradosso umano, lo psicoterapeuta ne intravede il tranello e si avvicina al significato nascosto in esso ed al senso da interpretare, potremmo ben dire con Jung che l'umanità vive uno stato di incoscienza infantile ed immatura perché incosciente di pericoli che possono profilarsi all'orizzonte.
Non si tratta di essere pessimisti od ottimisti ma invertendo i contrari abbiamo differenti equazioni che gli junghiani asseriscono quali leggi governate da dinamiche psichiche che sono oggettive ed universali quanto il miscredente scetticismo nei riguardi di ciò che ne compete alla professione di analista junghiano.
L'attuale crisi di significato porta gli junghiani a intravedere il senso distorto e fuorviante che affiora nel nostro contesto sociale collettivo. La stagnazione creativa dell'occidente è conseguenza della dissociazione culturale e simbolica con cui l'uomo occidentale è dovuto venire a termini. Conseguenza anche della distorsione di un percorso cominciato con l'anima del mondo, la visione degli antichi, e finito in una radicale frammentazione e disgregazione ed occultamento nell'epoca attuale e postmoderna. Frammentazione facilitata dalla rivoluzione scientifica, dal progresso e dalla massificazione, causa di pseudo-ideologie e da una prospettiva potenzialmente pericolosa rappresentata dal prevalere di un nuovo pericolo: l'uomo di massa.
Allora l'utopia di massa prevale su quella del singolo a forza di omologazione culturale. Junghianamente parlando la dissociazione collettiva con le sue isterie autonome, prevale sulla visione unificante ed individuante della psiche creativa del singolo.
Ecco perché Jung avvertiva l'indigenza del suo tempo, che non era capace di affrontare consapevolmente i pericoli che asserragliavano l'anima dell'occidente.
Cosa che Jung faceva attraverso la mediazione dello spirito del profondo (C. G. Jung, The Red Book, edited by Sonu Shamdasani, Norton publication 2009) empi e folli nonché sani di mente ma radicati contestualmente in quest'epoca di "fare sociale" politicizzato non convergeranno con la prospettiva junghiana del ritorno all'anima indivisa, poiché ciò che ha senso per gli ultimi non ha nessun senso per i primi. E' la solita disputa tra riduzionisti e i platonisti, scettici e animisti, storia e mito.
Il maggior fraintendimento quando si incontra la figura di Jung, è che egli riconduceva tutte le leggi psichiche a dei principia universalis anche quando affermava contraddicendosi di essere il più scientifico ed empirico possibile (Sonu Shamdasani 2009).
Oggi sono molte le miscredenze nei riguardi dell'anima e molti ancora inquadrano la spiritualità come un’inutile menzogna che l'uomo da sempre ha bisogno di raccontarsi.
Vengono così rifiutate le meta-narrazioni che inneggiano all'anima mundi antica che l'uomo ha drasticamente abbandonato perché scisso il bene dal male, la coscienza dall'inconscio, i capricci ed i dilemmi nonché i paradossi che all'umanità si presentano si sono rapidamente amplificati.
Si è ridotta invece la coscienza e con essa la sensibilità noetica e spirituale al subentrare di una desacralizzazione e negazione del mito e dell'immagine e con essa degli invisibili accadimenti dello spirito che governava la dimensione umana degli antichi.
I dilemmi che rendono ancor più difficile la comprensione della spiritualità umana sono comuni tra i materialisti che appartengano al campo della scienza o no.
Invertendo però le false coordinate gli junghiani possono offrire delle sicure linee guida alla disastrata condizione di negazione animistica dell'umanità.
Se l'umanità e con esso l'occidente presenta molte contraddizioni ed antinomie in questione di sicuro la chiave junghiana di lettura possiede la sicura panacea.
Se l'uomo occidentale inconsapevolmente vede il bene lì dove non c'è e da valore solo a quello che vede e che sente, uno psicoterapeuta junghiano si accorgerà del sottile tranello che sta regnando come utopia nell'uomo occidentale; quel pragmatismo ottimistico nel fare sociale e nella competizione, nel fare affidamento alla sola e per lui unica realtà convenzionale, non può servire a granché se non si prende in considerazione il profondo deficit spirituale che ha comportato una totale scissione di significati per l'intero occidente.
Escludendo l'uno, l'uomo si è trovato nel due, ma per una risoluzione dei contrari che lo assillano egli deve per forza ritornare a quell'Uno dalla cui matrice si è irrevocabilmente allontanato. Quell'uno è l'anima mundi, la radice unitaria quale fondamento e premessa per una riconnessione psichica dell'uomo occidentale. Di questa riconnessione c'è l'urgenza poiché il disastro psichico dell'umanità è quello di aver alienato una realtà da un altra, di aver espulso il mito dalla storia e con esso i suoi dei e demoni, i suoi fantastici racconti primordiali che non trovano più spazio nell'anima dell'occidente dominato da un fervido ed ottuso materialismo.
E se l'occidente non ritrova i suoi dei, essi si manifestano in sintomi e psichismi collettivi che soggiogano l'individuo e la massa, l'uomo e la società. Ecco perché gli junghiani sanno vedere oltre il tranello dell'emancipazione soggettiva ed oltre l'indipendenza dai quei valori simbolici che costituivano un inestimabile patrimonio della psiche.
Allora non c'è che dire, vai così occidente. Continua così... per il tuo percorso artificiale, snaturato e contorto ricco di insidie e povero d'anima.
Di quell'anima che echeggiava nella visione degli antichi e che in Jung vedeva un possibile ritorno all'anima mundi, alla totalità psichica, equilibrio di forze e punto di connessione con l'inconscio collettivo. E se l'individuo per lo più collettivo stenta a riconoscere questa dialettica tra psiche ed anima, storia e mito e che egli reputa un dialogo incomprensibile non c'è altro che constatare la sua disfatta spirituale e psicologica. L'universale disfatta dell'occidente identificatosi nei pochi frammenti della sua realtà psichica.

Riferimenti:
C.G. Jung, Gli Archetipi dell’inconscio collettivo, Bollati Boringhieri, Torino, 1977.
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C.G. Jung, Scritti Scelti a cura di J. Campbell Red Edizioni, Milano, 2007.
C.G. Jung, The Red Book, edited by Sonu Shamdasani, Norton publication, 2009